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Run All Night - Una notte per sopravvivere - Recensione

29/04/2015 | Recensioni |
Run All Night - Una notte per sopravvivere - Recensione

Padri e figli, legami di sangue e non, peccati, redenzioni, riscatti, passato e presente. Tutto si mescola e confonde in questo adrenalinico action movie nerissimo, diretto dal regista spagnolo Jaume Collet-Serra.
Run All Night - Una notte per sopravvivere, il titolo del film racchiude l’essenza del racconto. Una sola notte per salvare la pelle, ma non solo, in gioco c’è molto di più per Jimmy Conlon e suo figlio Mike.
Jimmy (Liam Neeson) è un uomo allo sbando: ex killer professionista (un tempo soprannominato il Becchino) e amico di vecchia data del boss della mafia irlandese Shawn Maguire (Ed Harris), vive le sue giornate annegando i tanti rimorsi dell’alcool. Il suo più grande dolore è non aver più alcun rapporto con suo figlio Mike (Joel Kinnaman) che non vuole avere nulla a che fare con lui e che sta tentando di condurre una vita onesta lavorando come autista di limousine per mantenere le sue due bambine e sua moglie (incinta del terzo figlio). Ma i guai arrivano quando Mike diventa il bersaglio di Maguire e dei suoi spietati killer perché testimone casuale di una brutale carneficina commessa da Danny, il figlio di Shawn. Ora la vita di Mike è appesa a un filo e toccherà a suo padre fare una scelta difficile decidendo di agire contro il suo vecchio amico e mentore. Con la mafia sulle sue tracce da una parte e con la polizia dall’altro, Jimmy dovrà cercare di salvare la sua pelle e quella di suo figlio.
Tutto in una sola tragica notte. Tutta una vita che può decidersi in poche ore, prima dell’alba di un nuovo giorno. Una chance, forse l’ultima, per poter correggere una vita. Il protagonista Jimmy Conlon deve passare attraverso l’espiazione delle proprie colpe per riallacciare il rapporto con un figlio per cui, forse, non è mai stato davvero un padre e che ora è nel mirino del suo vecchio amico e compagno di malavita.
Lo scontro è quello tra due famiglie, quella tradizionale e quella ‘atipica’ del clan mafioso, un gruppo che segue le sue regole morali e un rigido codice etico per cui la lealtà è il valore fondante. Per il protagonista la famiglia criminale (quei Westies, terribili boss mafiosi irlandesi che comandavano a Hell’s Kitchen negli anni ’70) ha sostituito la vera famiglia.
Il film mette in scena un duello tra due uomini forti, uniti da un intenso passato e legati fortemente ai destini dei rispettivi figli, due giovani diversissimi tra loro. L’altro dualismo del film è proprio quello che lega i due giovani, il primo, onesto allenatore di boxe, padre di famiglia e autista di auto di lusso e il secondo, perduto negli eccessi di una carriera criminale fatta di droga e violenza.    
Noir ambientato nel cuore di una New York sporca e pericolosa e in alcuni luoghi tipici della mafia irlandese, come pub, treni sopraelevati, binari abbandonati (è proprio qui che avviene la resa dei conti finale tra il vecchio boss e il suo più fedele killer), Run All Night omaggia classici del genere come Il braccio violento della legge di William Friedkin. Collet-Serra dimostra grande abilità nel ricreare una certa atmosfera tipica dei ruvidi polizieschi anni ‘70 puntando su scene d’azione adrenaliniche, con poca tecnologia (l’hi-tech è quasi del tutto assente) e molta tensione emotiva. Azione si, ma intrisa di realismo, dove il fine ultimo è salvare la pelle senza funambolici gesti eroici.
Pellicola nera, notturna e malinconica, girata con stile asciutto, il film fa un tutt’uno degli stati emotivi dei personaggi con le ambientazioni. Il microcosmo di Jimmy e Shawn è fatto di luoghi cupi e claustrofobici (lo squallido appartamento del derelitto ex killer, il pub del boss mafioso nonché suo quartier generale) contrapposto all’unico mondo dai colori più caldi, quello di Mike e della sua famiglia (una casa piccola e modesta ma piena di vita).
Gli attori sono il valore aggiunto: in primis i due grandi veterani del cinema hollywoodiano, Liam Neeson (che per la terza volta lavora con il regista spagnolo dopo Unknown – Senza identità e Non-Stop) ormai avvezzo a pellicole action e a ruoli di gigante stropicciato e cattivo (negli ultimi anni non ha fatto quasi altro) e Ed Harris grandioso vecchio boss della mafia irlandese capace come al solito di illuminare la scena solo con il suo carisma.
Accanto ai due divi, non sfigura il giovane attore svedese Joel Kinnaman (in questi giorni al cinema anche in Child 44 – Il bambino numero 44 ispirato ai delitti del mostro di Rostov).
L’azione la fa da padrona per quasi due ore, la tensione emotiva cresce, la violenza anche (gli  amanti del genere saranno soddisfatti). Fino all’immancabile redenzione dell’eroe che arriva su un finale un po’ scontato a confezionare una pellicola girata con una mano abile a intrufolarsi tra le strade caotiche della Grande Mela o all’interno di giganteschi condomini popolari.
Inseguimenti, sparatorie, sangue, conditi da una spruzzata di etica sull’importanza dei legami familiari, ma niente tirate retoriche o dialoghi buonisti.
Senza troppe parole. Perché la corsa è davvero senza fiato.

Elena Bartoni
 

 


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